Ci vorrebbe un po’ di silenzio – Il faudrait un peu de silence di Viviane Ciampi
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Danza Danse, poesia bilingue di Viviane Ciampi
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17° FESTIVAL INTERNAZIONALE DI POESIA
di Genova
Viviane Ciampi, francese d’origine toscana, è nata a Lione ma da tempo vive a Genova dove lavora, traduce e si traduce. Ha ricevuto premi in vari concorsi di poesia, prosa e favole in Italia e, a Dublino, il Premio degli Editori conferitole dall’Istituto Italiano di Cultura. È presente in antologie e riviste nazionali ed estere. Collabora come traduttrice e interprete al Festival Internazionale di Poesia di Genova e Alliance Française della stessa città. Nel 2008 ha tradotto dall’italiano al francese un’antologia di poesie di Alda Merini per la rivista annuale Inuits dans la Jungle (Ed. Castor Astral). Ha curato e tradotto l’antologia “Poeti del Québec” Ed. Fili d’Aquilone 2011. Già redattrice della rivista multiculturale Icaro; ora è redattrice delle riviste on line Fili d’aquilone www.filidaquilone.it e Progetto Geum www.progettogeum.agilesensei.com Ha pubblicato: Domande minime risposte, Ed. Le mani 2001; La quercia e la memoria, Ed. Il ponte vecchio 2004; Pareti e famiglie, Ed. Liberodiscrivere 2006; Inciampi, Ed. Fonopoli 2008; Le ombre di Manosque Ed. Internòs.
Viviane Ciampi ha presentato il suo volume di poesie Le ombre di Manosque
“Le ombre di Manosque”
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L’ultima raccolta poetica di Viviane Ciampi, Le ombre di Manosque, è stata pubblicata nel maggio 2011 dalla nuova casa editrice di Chiavari Internòse si presenta come un unico blocco, senza titoli né ripartizioni in sezioni. Un largo poema diviso in settantasette poesie dove protagonisti sono la campagna e il viaggio. La campagna con i suoi colori: i gialli e i viola che “erompono dai cespugli”; gli alberi campioni di longevità, guardiani dei mutamenti ed è bello ascoltare i monologhi dei rami che “dirigono la musica d’un altro regno”, interrogare le radici, accarezzare la scorza dei tronchi, le foglie lisce o dentate, fino ad ammalarsi di “alberitudine”, metafora che fa venire in mente la “territudine” del poeta venezuelano Eugenio Montejo; gli animali e non solo quelli domestici, da cortile o al pascolo, ma anche volpi, formiche, cicale, corvi, civette, barbagianni e gli ungulati “che si moltiplicano all’infinito”. La campagna con i suoi silenziosi contadini chinati a lavorare, incollati alle zolle, devoti al sacrificio e alla terra; i vecchi che pesano le parole; il suono delle campane, gli spari dei cacciatori e il cielo denso “come un unguento”. Il calore estivo stordisce e a volte un incendio infiamma la notte, allora ci si preoccupa e, insieme, ci si lascia sedurre perché il fuoco stana i sogni, rianima ricordi e paure ancestrali, sospende l’attimo, il presente e, quindi, imbriglia il futuro, lo allontana.
La campagna vista anche dall’alto, in un volo in mongolfiera.
Un attraversamento della natura e di se stessi nato dopo un lungo soggiorno a Manosque, il paese di Jean Giono. Un viaggio in una realtà agricola umile, di area mediterranea e francese, l’Alta Provenza, dove il paese e la campagna sono cinti da mare e montagna. Una realtà apparentemente immobile nelle sue abitudini secolari ma che nasconde “ombre” (quelle dei titolo), misteri, richiami, leggende, enigmi, lutti, crimini e fantasmi, come quello di Charlotte, poetessa morta nel rogo della sua casa. Però tutto si tiene, l’ordito non si sfalda anche se la riflessione poetica, verso dopo verso, si slarga, si stratifica in un gioco di specchi, di luci oblique e immagini riflesse o ingrandite. Ci sono scrigni che si aprono all’improvviso e saltano fuori storie e fiabe.
Alla descrizione di un panorama, una persona, un bosco spesso fa seguito un epilogo, una fulminante riflessione sul senso e l’enigma della vita (“talvolta scende tra le vertebre / la pietra del non esserci / la gelatina del nonsenso”). Le parole si ripetono per creare echi interni e segreti (“dense voci quassù più dense”), o definire il tempo che svapora, l’allegria esplosa dopo una lunga camminata e poi replicata nel sonno. A fine lettura di Le ombre di Manosque si delinea un vasto paesaggio che ospita tutte le cose viventi: dalla fatica dei contadini all’instancabile lavorio delle formiche. Colpisce questa metamorfosi piena di attese ed ombre, questo passare da una foglia all’anima, dal paese che vibra nei suoi risvegli ai sogni che s’inerpicano sui monti, dalla forma perfetta d’una foglia a quella astratta del tempo, dai lenzuoli che fanno dispetti agli ungulati albini che di soppiatto attraversano le strade.
Nota critica di Alessio Brandolini – tratto da www.filidaquilone.it
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Tutto comincia con un incendio doloso in Alta Provenza, incendio che l’autrice attraversa in macchina quasi come se entrasse in un quadro. Incendio che scompagina la quiete di un’intera area : “fumo schiuma terra rossa, / quasi un’astrazione.”
Infuocati, del resto, sono i versi di Viviane Ciampi (“il crepitio mette in moto il sublime onirico”) che scrive di un paese, Manosque, tra le colline di ulivi rese famose dal grande scrittore francese d’origine italiana, Jean Giono. Ma in fondo, Manosque assomiglia a molti paesi delle colline liguri o toscane, che lei franco-italiana, frequenta assiduamente. La poetessa, messasi in ascolto della gente del posto, ne raccoglie con empatia il senso del fare e della bellezza, i misteri e i segreti di famiglia. Tuttavia, avanzando nella lettura s’intuisce che lo scopo dell’intero poemetto è una forma di resistenza nei confronti di un mondo, quello rurale, che presto potrebbe scomparire. Tenta di recuperarne il passato dolente, un passato che talora si mischia con la Grande Storia: “Su quella pietra medievale / un giorno di mistral / fu annientato un angelo”. In queste pagine, tuttavia, non vi è ripiegamento nostalgico, e tra le righe non mancano una buona dose d’ironia e una critica all’ipocrisia delle convenzioni sociali che non sono soltanto appannaggio della vita in città.
Il suo potenziale espressivo si sviluppa anche nell’amore per il paesaggio, vissuto come vera e propria esperienza interiore, nella contemplazione a occhio nudo, camminando come otium e anche attraverso l’arte della fotografia con le sue sorprese e ambiguità. Ma l’osservazione tout court del paesaggio non nasconde la lacerazione per le sue metamorfosi. Si fa struggente e necessario l’identificarsi alle creature che lo popolano, alberi, animali (“in loro ti specchi / di sicuro elaborano pensieri / o forme di qualcosa / di un retromondo…”. E proprio nel paesaggio l’autrice condensa i problemi cruciali dell’esistere: “sentirsi di passaggio / equivale a sentirsi dentro al paesaggio”.
Nota critica di Luigi De Rosa (Dal mensile Pomezia-notizie, settembre 2011)
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Punto ristoro – faro di Portofino –
Dopo il reading di mercoledì 8 giugno 2011, potrete leggere le più belle poesie di alcuni dei più noti poeti del mondo sistemate lungo il percorso dalla piazzetta di Portofino fino al punto ristoro del faro. Ad oggi, 31 ottobre 2011, abbiamo constatato che non vi sono più poesie esposte lungo il percorso a testimonianza del gradimento che ha riscosso l’iniziativa. Infatti, come da regolamento, era previsto che chiunque potesse staccarle dal muro per appropriarsene.
UN FARO PER ILLUMINARE LA RICOSTRUZIONE POETICA DELL’UNIVERSO
Con questa iniziativa altamente simbolica e dai forti richiami letterari, Progettogeum collabora al 17° Festival Internazionale di Poesia, volendo contribuire a mettere in luce i poeti provenienti da tutto il mondo.
La suggestiva sosta nel punto ristoro del faro di Portofino è conosciuta da viaggiatori, poeti, innamorati, turisti, sognatori e personaggi d’ogni parte del pianeta. Quel luogo incantato sul declivio del promontorio diventerà per una sera, dal tramonto fino a notte, palcoscenico della poesia con la complicità d’un mare mirabile, degli uccelli marini che talvolta picchiano contro i vetri del faro.
Inutile dire che un faro è già di per sé fonte d’ispirazione primaria per i poeti sensibili alla tematica della luce, a quella del mare, alla metafisica del paesaggio. “Che si manda al faro?”, si chiede uno dei personaggi di Virginia Woolf nel romanzo più poetico di tutti i tempi To the Lighthouse. Noi, al faro, alla cosiddetta “casa della luce”, inviamo la grande poesia. Ma questa iniziativa è in divenire. La consideriamo, infatti, solo un punto di partenza nella Ricostruzione poetica dell’universo, poiché siamo certi che il raggio del faro di Portofino illuminerà altre parti del mondo, altri mari, altri porti per chi vorrà lasciarsi penetrare dalla sua luce. Lungo il percorso che dalla famosa piazzetta di Portofino porta fino al faro (circa venti minuti, a piedi), saranno esposte poesie dei poeti e performer che hanno partecipato, nel corso di questi diciassette anni, al Festival Internazionale di Poesia di Genova.
L’iniziativa sarà ripetuta nelle più suggestive località marinare del mondo.
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POETI DEL QUÉBEC
a cura di Viviane Ciampi
Paul Bélanger
Claudine Bertrand
Nicole Brossard
Antonio D’Alfonso
Denise Desautels
Louise Dupré
Pierre Ouellet
Elise Turcotte
Nella grande fioritura poetica del Québec (la provincia francofona del Canada), sono state scelte otto voci contemporanee di spicco, profondamente ancorate al mondo urbano, che nella loro viva esperienza hanno trovato la consapevolezza di una lingua derivata da lotte e sofferenze subite in passato. Queste voci appartengono agli eredi di Gaston Miron (1928-1996), considerato figura emblematica della poesia quebecchese. Tuttavia, un vento nuovo spira sulla loro strada: lo sguardo è cambiato, sono cambiati i tempi, gli umori e le tematiche. Prima della domanda «Come essere quebecchesi?» si chiedono: «Come essere?». Qui, si parla di memoria, di sogno, di corpo, d’arte, di attesa, d’incontri, delle irrisolte consapevolezze…
L’antologia “Poeti del Québec” è stata pubblicata con il sostegno
della Delegazione del Québec a Roma
e con il patrocinio
dell’Ambasciata del Canada in Italia
Il Québec è attualmente una delle due province francofone del Canada (l’altra è il Nuovo Brunswick) dove, quantunque persista ancora in molti degli abitanti un sentimento di appartenenza alle loro lontane origini francesi, la gran parte non riconosce le proprie radici esclusivamente nella cultura e nella civiltà della Francia attuale. Non è infatti possibile capire la poesia del Québec “se non si confuta subito il luogo comune” che vorrebbe in qualche modo fare di questa provincia “una sorta di specchio della Francia”. E’ vero che la lingua quebecchese può apparire ‘quasi identica’, ma quel ‘quasi’ “sprigiona colori, asperità, ed inoltre la lingua medesima si diversifica di continuo”.
Ciò è appunto quanto asserisce Viviane Ciampi, la quale di questa poesia si è di recente nuovamente occupata[1] in un interessante florilegio di alcuni poeti contemporanei del Québec. Poetessa, traduttrice e saggista di pregio, nata a Lione, ma da parecchi anni residente a Genova, la Ciampi ha infatti curato un’antologia dal titolo Poeti del Québec (Edizioni Fili d’Aquilone, Roma, 2011), che contiene parecchie significative liriche, da lei tradotte con testo a fronte, di otto poeti della provincia in questione, scelti tra i più rappresentativi.
Si va così dai “versi polisemici, per non dire polifonici, che oscillano tra canto e pensiero” di Paul Bélanger alla “poesia sensuale e incantatoria, per mezzo di imprevedibili magie” di Claudine Bertrand; dalla “cifra inconfondibile, ruvida e sensuale” e dalla “sintassi ribelle” di Nicole Brossard all’espressione di un profondo malessere, determinato da una crisi di identità, propria di Antonio D’Alfonso; dalla fuga assidua nella memoria, dove la ricerca del passato è lo strumento per acquisire una maggiore consapevolezza di sé, tipica di Denise Desautels all’“investigazione della soggettività”, allo scopo di “mettere in luce ciò che rimane in ombra” di Louise Dupré; dalla poesia “dell’urto, fatta di caos, di soprassalti, di singhiozzi, d’improvvise apnee” di Pierre Ouellet alla poesia nella quale tragedia e volontà di canto compiutamente si fondono, a testimonianza di un secolo nel quale “tutto va in frantumi «ma che ci chiede di esistere»” di Élise Turcotte.
Caratterizza tutta questa poesia la perentorietà del dire e l’originalità delle immagini, spesso di stampo surreale e di forte espressività, che pienamente risaltano anche nelle versioni della Ciampi, sempre di ottima resa. Se ne veda qualche breve esempio: “L’aube brûlait les lèvres / du jeune noyé”, Tu bredouilles des insultes (“L’alba bruciava le labbra / del giovane annegato”, Balbetti degli insulti), di Paul Bélanger; “À genoux / la nuit entre dans l’océan / pour narguer les amarres”, Mine de rien (“In ginocchio / la notte si addentra nell’oceano / per sfidare gli ormeggi”, Come se niente fosse), di Claudine Bertrand; “Je n’arrive pas à effacer / l’idée que devant le temps / feuille ou enfant / le temps répète tempête / ou labyrinthe / persone ne songe à résister”, Les yeux de Woolf et de Borges (“Non riesco a cancellare / l’idea che davanti al tempo / foglia o bambino / il tempo reiteri tempesta / o labirinto / nessuno sogna di resistere”, Gli occhi di Woolf e di Borges), di Nicole Brossard; “Tu oublies ton passé, mais le passé ne t’oublie pas”, La perte de ta culture (“Dimentichi il tuo passato, ma il tuo passato non ti dimentica”, La perdita della tua cultura), di Antonio D’Alfonso; “Immanquablement nous mourons, engluées dans nos larmes, après chaque disgrâce”, Immanquablement (“Immancabilmente moriamo, invischiate nelle nostre lacrime, dopo ogni sventura”, Immancabilmente), di Denise Desautels; “il suffit de si peu / pour raviver le corps // frémir sous la caresse / d’une voix ou d’une ville / fiévreuse, avancer // plus vite que l’ivresse / d’anciennes colères”, il suffit de si peu (“basta così poco / per ravvivare il corpo // fremere sotto la carezza / d’una voce o d’una città / febbrile, avanzare // più in fretta dell’ebbrezza / d’ire antiche”, basta così poco) di Louise Dupré; “La langue des arbres ne se parle plus / qu’au ciel celle de la terre s’exilie dans celle / du vent”, La langue des arbres (“La lingua degli alberi non si parla più / che in cielo quella della terra si esilia in quella / del vento”, La lingua degli alberi), di Pierre Ouellet; “Ce soir, l’attente va s’agripper à toi, / E tu finiras par jeter de vieux cailloux / Dans l’enceinte du temps”, Ville du chaud et du froid (“Stasera, l’attesa a te s’avvinghia, / e finirai col gettare vecchi sassi / nella cerchia del tempo”, Città del caldo e del freddo), di Élise Turcotte.
Completa il libro uno scritto di Bruno Roy (anch’esso tradotto da Viviane Ciampi), Le stagioni della poesia del Québec, che in una rapida sintesi ci offre il percorso di questa poesia, dalle origini ai giorni nostri.
Da notare per incidens che su una campionatura di otto poeti ben cinque sono donne: e ciò fa sorgere spontanea la domanda se questo sia un fatto puramente casuale, che riflette l’esistenza in Québec di una preponderanza di poetesse rispetto ai poeti, oppure se tale scelta dipenda da una predilezione personale della curatrice (essendo la Ciampi poetessa in proprio), o nasca magari da qualche suggerimento dell’amica poetessa Claudine Bertrand, fondatrice dell’unica rivista tutta al femminile “Arcade” (durata 25 anni), con cui la Ciampi ha a lungo collaborato.
Ciò che conta comunque è il fatto che il libro di Viviane Ciampi si offra a noi tutti come un lavoro di notevole utilità, dato che consente un approccio non superficiale a una poesia forse sinora poco conosciuta, ma che appare degna di molto interesse, per i pregevoli traguardi d’arte che in moltissimi casi consegue.
[1] Costanti contributi alla conoscenza della poesia del Québec sono già stati offerti in passato dalla Ciampi. Si vedano in particolare alcuni articoli pubblicati in collaborazione con la poetessa Claudine Bertrand sulla rivista on line “Fili d’aquilone” (n. 6, 2007 e successivi). Un’interessante intervista a Claudine Bertrand, è inoltre apparsa, a nome di Viviane Ciampi su “Icaro”, periodico di Arte e Cultura, n. 5, 2008.
Liliana Porro Andriuoli (Dal mensile Pomezia-notizie, settembre 2011)
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Nel 1998 era apparsa un’Antologia della poesia contemporanea del Québec, a cura di Titti Folieri, per Crocetti editore. A distanza di tredici anni possiamo leggere una nuova e intensa antologia, a cura di Viviane Ciampi, Poeti del Québec, edita nel 2011 dalle neonate Edizioni Fili d’Aquilone. Scrive la curatrice: «Nella grande fioritura poetica del Québec (la provincia francofona del Canada) sono state scelte otto voci contemporanee di spicco, profondamente ancorate al mondo urbano, che nella loro viva esperienza hanno trovato la consapevolezza di una lingua derivata da lotte e sofferenze subìte in passato». I poeti antologizzati sono Paul Bélanger, Claudine Bertrand, Nicole Brossard, Antonio d’Alfonso, Denise Desautels, Louise Dupré, Pierre Ouellet, Élise Turcotte: otto poeti contemporanei, nati tra il 1943 e il 1957, che, tranne rare eccezioni, sono sconosciuti al lettore italiano di poesia. Ogni autore viene introdotto dalla curatrice con una breve nota critica che delinea la cifra stilistica del poeta, orientandone la lettura con un’interpretazione limpida e incisiva. Ecco i titoli “suggestivi” delle note: Oltre il velo, per Paul Bélanger; Un senso all’insensatezza, per Claudine Bertand; Sul bordo rovesciato del vivere, per Nicole Brossard; Nutrirsi alle radici, per Antonio d’Alfonso; Archeologia dell’intimo, per Denise Desautels; La pienezza del dire, per Louise Dupré; Fatalità della deflagrazione, per Pierre Ouellet; Ritratto di una donna con bruma attorno, per Elise Turcotte.
Dai versi “polisemici e polifonici” di Claude Bélanger alla “poesia sensuale e incantatoria” di Claudine Bertrand; dalla tessitura “ruvida e sensuale” di Nicole Brossard alla prosa urticante e drammatica di Antonio d’Alfonso; dalla riflessione privata e struggente di Denise Desautels alla parola prosciugata e trasgressiva di Louise Dupré; dai “soprassalti” esplosivi di Pierre Ouellet alle strategie oniriche di Elise Turcotte: tutto risuona, in questa antologia, di un’immaginazione visionaria e di una densità realista che attraversa le differenti voci, componendo un caleidoscopio di visioni e di prospettive, un “ritratto di famiglia nel Québec”, dove sogni ancestrali dell’origine e diari trasfigurati del dolore quotidiano si alternano all’interno di un tema comune: l’esilio e l’erranza. La traduzione di Viviane restituisce alla lingua italiana le giuste vibrazioni di questa poesia classica e potente…
Viviane Ciampi, nella sua introduzione, evidenzia lo spirito di questi poeti: «…non si può evocare la loro poetica se non si confuta subito il luogo comune che dovrebbe fare del Québec una sorta di specchio della Francia. E perché dovrebbe esserlo? La lingua è quasi identica, eppure questo dato non deve trarre in inganno. Quel “quasi” sprigiona colori, asperità, e la lingua medesima si diversifica di continuo». È di quel “quasi” che ci parla l’avventura di questa antologia, un “quasi” che moltiplica le differenze di una parola poetica mai uniformata e melodica, ma sempre scossa da una violenza espressiva perturbante. Il lettore italiano si accorge di trattare con un materiale inconsueto, dove la lingua è veicolo di visioni del mondo urbano e interiore non omologate a canoni espressivi prefissati. Merito dei poeti e della traduttrice-poeta, che calibra tutte le sfumature e cerca sempre la soluzione espressiva più adeguata alla lingua italiana. I temi classici della poesia contemporanea – attesa, corpo, amore, tristezza, sogno, rivolta – inseguono più la tensione sperimentale di Jacques Dupin o di Bernard Noël che non il nitore classico di Yves Bonnefoy: cioè propongono meno una lezione sull’armonia e sulla bellezza della parola che le vibrazioni complesse di un lessico imprevedibile delle passioni umane, palpitante e multiverso.
Leggere questa antologia è un’emozione autentica per il lettore. Non ci resta che augurare lunga vita alle edizioni “Fili d’aquilone”, curate da Alessio Brandolini, che prolungano nell’incanto sempre attuale del libro lo spessore e l’originalità dell’omonima rivista telematica.
Recensione di Marco Ercolani (continua)
Recensione completa Poeti del Québec di Marco Ercolani